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Biodiversità: falliti tutti gli obiettivi 2020

Nel 2010, la decima COP (Conferenza delle parti) aveva approvato il Piano strategico mondiale per la biodiversità 2011-2020, prevedendo 20 obiettivi (Aichi biodiversity targets) con 56 indicatori, quadro di riferimento del decennio quasi concluso, per arrestare la perdita di biodiversità entro il 2020.

Gli obiettivi che scaturirono da quella riunione sembrarono ragionevoli e realizzabili ma, oggi che siamo nel 2020, scopriamo di averli falliti, tutti. Quello che, sulla carta, doveva essere l’anno fondamentale per il raggiungimento di quegli obiettivi decennali si è trasformato, complice anche la pandemia da Covid-19, in una vera e propria disfatta. Le attività antropiche e il mancato rispetto degli equilibri ecologici continuano a minacciare non solo le specie animali e vegetali che popolano gli ecosistemi del globo, ma la stessa sopravvivenza dell’umanità.

Le attività dell’uomo hanno un impatto negativo sulla Natura stimato a un ritmo da cento a mille volte più veloce della media di quello degli ultimi 10 milioni di anni (IPBES). Se all’inizio del secolo scorso la biodiversità aveva a disposizione per prosperare circa il 65% della superficie terrestre, oggi quella porzione di mondo si è ridotta a poco più del 30%. In un recente report, Legambiente ha calcolato che oltre il 66% dell’ambiente marino è stato significativamente modificato dall’attività umana.

Senza contare gli effetti che la perdita di biodiversità comporta sulla salute umana. La sistematica distruzione degli habitat, insieme all’incontrollato commercio di specie selvatiche sono infatti correlati al diffondersi di epidemie quali Ebola, SARS e, ultimo, il Covid-19.

Le strategie che metteremo in campo globalmente nel prossimo decennio saranno di vitale importanza non tanto per un’inversione di questo processo, che appare oggi ormai impossibile, ma quantomeno per limitare i danni e ridurre l’impatto climatico sulla biodiversità.

Staff IGW

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