Il cambiamento climatico e il consumo di risorse ha cambiato il nostro futuro e ha già modificato il presente. Rispetto a dieci o venti anni fa è un argomento assai più discusso ed è radicalmente cambiato l’approccio di parte della politica (soprattutto quella europea), di alcune aziende e di milioni di cittadini. Possiamo, però, sentirci davvero sempre più coinvolti, informati e preoccupati per le sorti del nostro Pianeta? Intervistate, le persone dichiarano spesso di adottare comportamenti sostenibili, di scegliere prodotti con etichette “green” e di essere pronte a fare la loro parte per contrastare il cambiamento climatico. Eppure, tra le nostre buone intenzioni e le azioni concrete, si spalanca un abisso. Questo fenomeno, noto come “green gap”, descrive proprio il divario significativo tra la volontà dichiarata di ridurre il proprio impatto ambientale e l’inadeguatezza dei comportamenti reali.
Un recente studio condotto in Francia – i cui risultati sono, però, ampiamente applicabili anche al contesto italiano – getta una luce spietata su questo paradosso. La ricerca – che ha coinvolto Stéphane Borraz, docente-ricercatore presso la prestigiosa NEOMA Business School – rivela dati che fanno riflettere: sebbene il 78% dei francesi affermi di agire in modo sostenibile, la loro impronta di carbonio media resta di circa nove tonnellate di CO2 equivalente pro capite all’anno. Un valore quasi cinque volte superiore al limite di circa due tonnellate che sarebbe necessario rispettare per allinearci agli obiettivi dell’Accordo di Parigi. Cosa si nasconde dietro questa discrepanza? Come giustifichiamo a noi stessi questo scarto, soprattutto se ci consideriamo persone già sensibilizzate e impegnate sul fronte ambientale?
L’aspetto più sorprendente dello studio non è tanto la conferma dell’esistenza del “green gap”, quanto il focus della sua analisi. La ricerca non si è concentrata sugli scettici o sui negazionisti del cambiamento climatico, ma su un gruppo di persone già attivamente impegnate, per motivi professionali o associativi, nella lotta per il clima. A questi individui è stato chiesto prima di calcolare la propria impronta di carbonio personale e poi di confrontarsi con il risultato, spesso sorprendentemente alto.
L’impronta di carbonio, o carbon footprint, è la quantità totale di gas a effetto serra che una persona emette, direttamente o indirettamente, con le proprie attività quotidiane. Questo valore viene espresso in tonnellate di CO2 equivalente e tiene conto di tutto: dai trasporti all’alimentazione, dai consumi energetici domestici agli acquisti di beni e servizi. L’obiettivo dell’Accordo di Parigi, siglato nel 2015, è contenere l’aumento della temperatura media globale ben al di sotto dei 2°C rispetto ai livelli preindustriali, puntando a limitarlo a 1,5°C. Per raggiungere questo traguardo, l’impronta di carbonio individuale media dovrebbe scendere drasticamente, attestandosi intorno alle 2 tonnellate annue.
Il dato francese pro capite, quindi, mostra una distanza enorme dall’obiettivo. La circostanza che anche gli individui più “consapevoli” fatichino a colmare questo divario suggerisce che le radici del problema siano più profonde e complesse di una semplice mancanza di informazione. La ricerca si è quindi posta una domanda cruciale: come spiegano, queste persone, lo scarto tra le loro nobili intenzioni e il loro impatto reale?
Dalle interviste condotte dai ricercatori sono emerse tre principali linee di giustificazione, tre narrazioni che le persone costruiscono per dare un senso a questa dissonanza cognitiva senza, però, deresponsabilizzarsi completamente. Questi meccanismi psicologici e sociali sono fondamentali per capire perché la transizione ecologica stenta a decollare a livello individuale.
Comprendere le cause del “green gap” è il primo passo per poterlo colmare. Lo studio della NEOMA Business School uscito nel luglio 2025 traccia infatti anche alcune possibili vie d’uscita, strategie per trasformare le buone intenzioni in un impatto reale e misurabile.
Il primo ambito di intervento riguarda proprio gli strumenti di misurazione. I ricercatori suggeriscono lo sviluppo di calcolatori dell’impronta di carbonio che siano più pratici, coinvolgenti e, soprattutto, educativi. Non dovrebbero limitarsi a fornire un punteggio finale, ma diventare leve per la trasformazione, chiarendo l’impatto concreto delle scelte nel momento stesso in cui vengono prese. Immaginiamo un’applicazione che, mentre facciamo la spesa, ci mostri in tempo reale come cambia la nostra impronta di carbonio a seconda del prodotto che mettiamo nel carrello. Questo renderebbe l’impatto tangibile e immediato.
In secondo luogo, le politiche pubbliche devono farsi carico di questa complessità. Per contrastare il senso di ingiustizia, sono necessari meccanismi incentivanti chiari, come sistemi di ricompensa per i comportamenti virtuosi o una carbon tax percepita come più equa e trasparente. Se i cittadini vedono che l’impegno è collettivo e che anche i grandi attori economici e politici fanno la loro parte, aumenterà la loro motivazione a contribuire al cambiamento.
In definitiva, ridurre il “green gap” richiede un approccio combinato che integri misure educative, culturali e politiche. Non si tratta di colpevolizzare l’individuo, ma di agire sulle percezioni e sui contesti che ne influenzano i comportamenti.
La transizione verso un futuro sostenibile è una sfida complessa che non può essere delegata interamente né al singolo cittadino né alle sole istituzioni. È un percorso collettivo che parte dalla consapevolezza individuale, ma che deve essere sostenuto da strumenti innovativi, politiche coraggiose e un rinnovato senso di giustizia e responsabilità condivisa.
Articolo a cura di Letizia Palmisano.
Di anno in anno, le nostre città, cuori pulsanti di attività e cultura, stanno diventando…
Il Ministero per la Transizione Ecologica spagnolo ha recentemente messo nero su bianco una misura…
In Francia nasce il bonus rammendo, un incentivo per riparare abiti e scarpe invece di…
A partire dal 20 giugno 2025 entreranno in vigore nuove normative comunitarie che introdurranno un'etichetta…
Come pubblicizzare la propria azienda in maniera autenticamente green? Questa è la domanda che si…