In questo articolo, diviso in due parti, andremo a descrivere i processi di digestione anaerobica di substrati agro-zootecnici, i quali possono essere classificati in base ai seguenti parametri:
Alcuni parametri chimico-fisici possono quindi essere indicatori di stabilità del processo o di un suo malfunzionamento. Considerando i molteplici fattori che governano il processo di digestione anerobica, è opportuno rivolgere l’attenzione verso alcuni parametri che lo regolano; di seguito i più importanti.
Il parametro più evidente e di più facile comprensione della stabilità del processo biologico o di una sua anomalia è la produzione sia quantitativa, sia qualitativa, sia quali-quantitativa del biogas. Un biogas derivante da un processo biologico stabile presenta valori di metano al di sopra del 50%, valori di anidride carbonica pari al 40/45%, valori di ossigeno >1% e valori di H2S al di sotto del limite del cogeneratore e comunque in linea con le matrici di alimentazione; la quantità totale di biogas rilevata all’interno del gasometro è indice della quantità totale caricata giornalmente, che tiene in considerazione anche le soglio di modulazione con cui è stato impostato il cogeneratore.
Un decremento nella produzione di biogas può essere derivato da molteplici fattori quali matrici a minor produzione di biogas, maggiore umidità dei prodotti in ingresso, ecc…, condizione questa facilmente risolvibile aumentando l’alimentazione. Una diminuzione della qualità del biogas, ovvero una diminuzione del valore di metano, può essere associata ad una variazione di alimentazione: il passaggio di un’alimentazione mais e pollina ad una di solo mais, ad esempio, sposta il metano da sopra il 54% al 51-53% tipico dell’insilato. Un cambiamento quali-quantitativo del biogas, ovvero una variazione sia in quantità generale di biogas, sia nella sua composizione, con conseguente diminuzione della qualità del metano ed anche dell’aumento della concentrazione di H2S, può essere causata da disequilibrio biologico, una maggiore fase idrolitica ed una conseguente minore attività della fase metanigena, dovuta ad esempio da accumulo di acidi, carenze di microelementi, o interazione della flora batterica con sostanze inibenti la digestione anaerobica.
I batteri fermentativi idrolizzano le proteine, i carboidrati ed i grassi nei loro composti più semplici, ovvero i polipeptidi e gli amminoacidi nel caso delle proteine, gli zuccheri semplici e gli alcoli nel caso degli zuccheri, e gli acidi grassi a differente numero di atomi di carbonio. In un secondo momento, tutti questi composti vengono ridotti ad acidi grassi volatili, che, per la loro definizione di “volatili”, hanno un numero di atomi di carbonio compreso tra 2 (acido acetico) e 6 atomi di carbonio (acido caproico).
La concentrazione di questi acidi può subire una variazione a seguito dell’alimentazione del fermentatore, ma può variare anche in condizioni di carenza di macro e microelementi, o in seguito all’interazione del consorzio batterico con delle sostanze inibenti. L’acido acetico è l’ultimo acido grasso volatile che viene convertito in metano ed anidride carbonica; questa considerazione fa comprendere come, eccetto per le vasche prettamente idrolitiche, accumuli degli acidi dal propionico al caproico siano indice di un’anomalia biologica fino anche ad arrivare ad un blocco della biologia del fermentatore, se si accumulano tutti questi acidi.
Valori ottimali di acido acetico si hanno nel range 0-500 mg/kg, dove lo zero indica un perfetto equilibrio tra fase idrolitica e fase metanigena; valori al di sotto dei 500 mg/kg indicano comunque uno stato biologico “ideale” e soprattutto sotto controllo. Come precedentemente menzionato, per mantenere il processo biologico il più stabile possibile, sono da evitare gli accumuli degli altri acidi: in questo caso, e sempre in accordo con il biologo dell’impianto, si cerca di capire se tale situazione è dovuta ad un problema di alimentazione o altro e si cerca di trovare la strada giusta per poter dare tempo alla biologia di digerire gli acidi in eccesso e di trasformarli in energia.
Il sistema tampone di un impianto biogas è determinato dalla presenza degli acidi grassi volatili, dall’acido carbonico, prodotto dall’anidride carbonica in soluzione acquosa, e dalla concentrazione di azoto ammoniacale. L’alcalinità è l’espressione analitica del sistema tampone di un impianto biogas: valori compresi tra i 10.000 e i 17.000 mg/l, misurati solitamente come mg CaCO3 (carbonato di calcio)/l, sono ottimali per il processo biologico. Valori al di sotto dei 10.000 indicano un insufficiente potere tampone della vasca che non riesce a bilanciare gli acidi presenti, per cui il valore di pH può subire delle variazioni; valori al di sopra dei 17.000 mg/l possono comportare un aumento del valore di pH, fino ad una condizione definita di alcalosi, ovvero valori di pH oltre i quali l’attività dei batteri metanigeni subisce una drastica diminuzione.
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