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Sottoprodotti per il biogas consentiti solo se provenienti dall’industria agroalimentare

Un’importante sentenza del Consiglio di Stato (n.6093, pubblicata il 4/9/2019) ha definitivamente chiarito che solo i residui delle produzioni agroalimentari, sia di origine vegetale che di origine animale (SOA) possono essere conferiti, come sottoprodotti, negli impianti di biogas.

La Sentenza citata, sulla base del principio di “precauzione”, ha riformulato la definizione di agroindustria, precedentemente considerata in modo stensivo dal TAR, in modo restrittivo riconducendo la definizione di agroindustria esclusivamente a quella agroalimentare.

Da ciò ne deriva che l’utilizzo di qualsiasi sottoprodotto la cui origine non è agroalimentare è proibito ed il digestato che deriva dal suo utilizzo è considerato rifiuto.

Di seguito si riportano i passaggi salienti della Sentenza.

...L’art. 52, comma 2 bis del d.l. n. 83/2012 potrebbe essere interpretato sia in modo restrittivo (come ritenuto dal Ministero), sostenendo che l’attività di trasformazione industriale dei prodotti vegetali riguarderebbe il solo settore agroalimentare, ma potrebbe essere anche interpretato in modo estensivo, comprensivo di ogni forma di valorizzazione di produzioni vegetali, e quindi, anche nel caso di impianti di energia dalle biomasse se alimentati solo da materie prime di origine vegetale (come ritenuto invece dalla società ricorrente in primo grado).

A fronte di una definizione di agro-industria incerta ed in assenza di ragioni di tutela ambientale o di salute umana, -il TAR-ha ritenuto preferibile l’interpretazione più estensiva, in base alla quale anche l’attività di produzione di bio-carburanti esercitata dalla società ricorrente, rientrerebbe nel concetto di agro-industria: da ciò il TAR ha desunto l’illegittimità del decreto impugnato che consente l’utilizzazione per scopi agronomici del digestato proveniente dalle sole attività agricole o agroalimentari, in contrasto con la finalità di favorire l’impiego dei sottoprodotti e di limitare la produzione di rifiuti.


Avverso tale interpretazione hanno proposto appello i Ministeri delle Politiche Agricole Alimentari Forestali e del Turismo, dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, delle Infrastrutture e dei Trasporti, dello Sviluppo Economico e della Salute (di seguito Amministrazione) deducendo plurimi motivi e chiedendo la riforma della sentenza appellata.

Il Consiglio di Stato nell’accogliere le richieste dei Ministeri ha così motivato:

...l’Amministrazione, facendo applicazione del principio di precauzione e prevenzione, nel disciplinare il digestato per usi agronomici, ha ritenuto di ammettere i soli materiali per i quali l’impiego doveva ritenersi sicuramente privo di rischi sotto il profilo ambientale e sanitario e, dunque, presuntivamente innocuo per l’ambiente e per la salute umana……La scelta dell’Amministrazione è stata quindi dettata da ragioni di precauzione, in quanto l’esigenza del riciclo dei rifiuti – che pur presenta grande importanza nell’ambito dell’economia sostenibile – non può comportare rischi.

Tenuto conto di tali elementi, la scelta discrezionale di tipo precauzionale assunta dall’Amministrazione non risulta né illogica, né irragionevole.

e per tali motivi .... lo accoglie


In sintesi è assolutamente necessario per evitare di incorrere in pesanti sanzioni e reati prestare la massima attenzione al ciclo di produzione dei sottoprodotti che deve, necessariamente, risultare da una attività agroalimentare.

La Sentenza, infine, ribadisce che:
  • l’art. 29 del DM prevede che, perché il digestato possa avere una utilizzazione agronomica, è necessario che i materiali di cui all’art. 22 lett. d), e) e g) (ovvero rispettivamente: le acque reflue, i residui dell’attività agroalimentare; i sottoprodotti di origine animale) provengano da attività agricole o agroalimentari;
  • l’art. 24 del DM lega la qualifica di digestato come sottoprodotto, ai sensi dell’art. 184-bis d.lgs. n. 152 del 2006, alla circostanza che esso sia prodotto in impianti di digestione alimentati unicamente con i materiali di cui all’art. 22 e abbia una sicura utilizzazione agronomica. Negli altri casi, esso dovrà essere qualificato come un rifiuto.


La sentenza del Consiglio di stato è consultabile qui:
https://www.giustizia-amministrativa.it/portale/pages/istituzionale/visualizza?nodeRef=&schema=cds&nrg=201809974&nomeFile=201906093_11.html&subDir=Provvedimenti
Staff IGW

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