
Energie rinnovabili e Green Economy
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Luglio 23, 2020Riassumiamo qui di seguito i fattori che possono inibire il processo biologico di digestione anaerobica.
1) Acidi grassi volatili (AGV)
Un processo biologico stabile è una condizione indispensabile affinché la produzione di biogas sia costante nel tempo. La stabilità del processo biologico dipende dalla sua capacità di convertire i substrati in alimentazione in acido acetico e anidride carbonica, passando attraverso la formazione di altri acidi grassi (propionico, butirrico, isobutirrico, valerico, isovalerico, caproico e isocaproico), che se non vengono convertiti possono portare ad una inibizione del processo biologico, soprattutto nella fase metanigena, che non riesce ad adeguarsi alla produzione di questi acidi dai 3 step precedenti. Inoltre, un accumulo di acidi grassi volatili può portare ad una diminuzione del valore di pH, anche questa causa di un probabile blocco del processo biologico. È indispensabile quindi che, qualora nelle analisi biologiche sia presente uno o più degli acidi sopracitati, di interpellare immediatamente il biologo dell’impianto il quale saprà consigliare il giusto intervento per stabilizzare nuovamente il processo biologico, permettendo la digestione degli acidi fastidiosi.
2) Azoto ammoniacale ed ammoniaca
In un processo di digestione anaerobica sussiste l’equilibrio di ammoniaca e ione ammonio. La presenza di elevate concentrazioni di ammoniaca, che ha origine dalla degradazione di composti a base di azoto quali le proteine, può determinare effetti di inibizione e di tossicità sui microrganismi, così come concentrazioni totali di ammoniaca e ione ammonio possono inibire la fermentazione se molto alti. L’equilibrio tra la concentrazione di ammoniaca e quella dello ione ammonio dipende dal valore di pH e della temperatura del digestore, e aumenta al crescere di questi due valori. L’inibizione da ammoniaca può essere compensata aggiungendo substrati carboniosi o diminuendo la temperatura del digestore, comunque sempre in accordo con il biologo aziendale.
3) Rapporto tra carbonio, azoto, fosforo, zolfo
È un parametro che indica l’apporto ottimale di nutrienti per lo sviluppo del processo di crescita batterica. La richiesta di questi nutrienti è molto bassa in quanto nel processo di digestione anaerobica non si sviluppa molta biomassa. Se la quantità di carbonio è molto superiore agli altri elementi, non tutto il carbonio organico è degradato e quindi il potenziale di metano non è sfruttato al massimo. Inoltre, la carenza di azoto ha effetti negativi sulla formazione di proteine quindi sul metabolismo dei microrganismi. Al contrario, se l’azoto predomina in modo eccessivo, la formazione di ammoniaca può inibire il processo e quindi la produzione di biogas.
4) Microelementi
Sono i nutrienti necessari in piccolissime quantità per la stabilità delle reazioni di digestione anaerobica. Problemi di carenza di microelementi si verificano soprattutto nei digestori alimentati con un unico tipo di substrato e nel caso della presenza di un’elevata concentrazione di zolfo., che reagendo con i microelementi formando solfuri metallici, li sottraggono ai microrganismi. La carenza dei microelementi può inibire la fermentazione e causare l’acidificazione del liquido fermentativo.

5) Idrogeno solforato (H2S)
Questo composto, chiamato anche acido solfidrico, viene prodotto dalla degradazione delle proteine e una concentrazione eccessiva inibisce l’attività microbica già a basse concentrazioni. La sua presenza nel biogas, oltre a far precipitare i microelementi rendendoli non biodisponibili per i batteri, causa inoltre corrosione alle attrezzature e alle unità di cogenerazione. La concentrazione di H2S aumenta all’aumentare della temperatura e alla diminuzione e del valore di pH. Un inaspettato incremento del valore di H2S può essere trattato riducendo la frazione proteica in ingresso al digestore, oppure dosando prodotti specifici desolforanti come i sali di ferro o la soda caustica, comunque in accordo con il biologo dell’impianto.
6) Temperatura
Una variazione repentina di temperatura nel digestore implica uno shock termico del processo, soprattutto nella digestione termofila, dove i batteri sono più sensibili alle variazioni di temperatura, e ha effetti sugli altri parametri del processo. In particolare, all’aumentare della temperatura crescono anche le concentrazioni di ammoniaca e di acido solfidrico, che possono inibire la fermentazione.
7) Pressione parziale di idrogeno
Può costituire un elemento inibente nel caso in cui, in corrispondenza di un elevato ingresso di sostanza organica rapidamente biodegradabile, la fase di acetogenesi, che produce idrogeno, risulti più veloce di quella metanigena, che consuma idrogeno, facendo risultare così un accumulo di H2. Ad una certa concentrazione, i batteri acetogenici sono inibiti essi stessi dall’idrogeno, determinando un accumulo di acidi grassi volatili, ovvero gli acidi propionico e butirrico, derivanti dalla precedente fase acidogena, con conseguente crollo del pH.
8) Sedimenti e strati flottanti
La presenza di significativi strati galleggianti, che se umidi prendono il nome di cappello e se invece iniziano ad indurirsi diventano croste, o di sedimenti sul fondo delle vasche, può diminuire il volume utile del digestore e costituire un ostacolo per la produttività del sistema, che risulta sovraccaricato. È bene quindi evitare di non miscelare sul fondo delle vasche frequentemente, anche per una questione idraulica di mantenere pulite le aspirazioni delle pompe o comunque per smuovere il sedimento o melma presente, e nel caso dello strato galleggiante, di non impiegare substrati troppo fibrosi e con un taglio o pezzatura che favorirebbe la risalita della fibra dal liquido fermentativo.