Parità di genere in azienda, come garantire la gender equality e perché è vantaggiosa
Novembre 15, 2024Pubblicato in Gazzetta Ufficiale il nuovo Decreto sulla sostenibilità dei biocombustibili
Dicembre 20, 2024Come indirizziamo i nostri consumi oggi conta quasi (o forse più) del voto. Con il nostro carrello possiamo davvero fare la differenza anche in relazione al sistema economico e sociale. Basta anche solo vedere le pubblicità tipiche del periodo natalizio per osservare come molti puntino ad aspetti etici o ambientali. Se è vero che gli “acquisti verdi”, i prodotti eco-friendly hanno il loro peso, la vera rivoluzione dell’economia circolare va ben oltre il semplice "acquistare meglio” e passa anche per la riparazione.
Ed è proprio questa pratica, oggi spesso dimenticata, che sta tornando sotto una nuova luce, recepita come ecologica, economica, e sta persino diventando trendy grazie ai social media!
Come e perché è passata di moda la riparazione
Viviamo in una società che ha trasformato il consumismo in una norma. Quando un oggetto si rompe, la soluzione più immediata è buttarlo e comprarne uno nuovo. Questo comportamento, incentivato da prodotti a basso costo (peraltro spesso di scarsa qualità), ha portato a far ritenere che questa sia l’unica pratica possibile. Tra le conseguenze, un aumento vertiginoso dei rifiuti. Tuttavia, ogni oggetto che scartiamo rappresenta una perdita di materiali preziosi e un incremento dell’impatto ambientale legato alla produzione e allo smaltimento.
La riparazione è invece l’antitesi (potremmo anche dire l’antidoto) di questa cultura dello spreco. Riparare significa:
- Evitare rifiuti inutili: un oggetto riparato non finisce in discarica, contribuendo a ridurre l’accumulo di rifiuti.
- Risparmiare risorse: riparare un prodotto richiede meno energia e materie prime rispetto alla produzione di uno nuovo.
- Valorizzare il lavoro artigianale locale: sostenere i laboratori di riparazione significa anche contribuire alla sopravvivenza di competenze tradizionali e locali. A volte non ci riflettiamo ma una gran parte dei nostri beni sono prodotti altrove. Incentivare la riparazione locale vuol dire sostenere anche l’economia dei nostri centri abitati.
La riparazione non è solo una scelta ecologica (e spesso economica): è anche un modo per riscoprire il valore delle cose. In un’epoca in cui tutto sembra sostituibile, riparare ci insegna a prenderci cura degli oggetti e a sviluppare un rapporto più attento e consapevole con ciò che possediamo ma anche a sceglierli con maggior attenzione valutandone la durevolezza e la riparabilità.
Gli artigiani della riparazione
Per anni, figure come il calzolaio, il sarto o il tecnico di elettrodomestici sono state considerate quasi obsolete, relegate a un passato in cui le cose si aggiustavano perché non si potevano facilmente sostituire. In pochi volevano intraprendere queste professioni ed era anche difficile trovarne uno quando serviva. Oggi, però, questi artigiani stanno vivendo una rinascita.
La loro abilità di ridare vita agli oggetti è diventata una risorsa preziosa per chi cerca di vivere in modo più sostenibile. Ecco perché dovremmo prestare attenzione anche alla presenza di questi servizi nel nostro quartiere e nelle zone che più frequentiamo. Vediamo assieme alcune di queste professioni dell’economia circolare, perché avere un calzolaio, un sarto o un laboratorio di riparazione vicino a casa significa poter accedere facilmente a un’alternativa al consumismo usa e getta.
Il calzolaio: la magia delle scarpe riparate
Quante volte abbiamo buttato un paio di scarpe solo perché la suola era consumata (o semplicemente staccata) o il tacco si era rotto? Un buon calzolaio può trasformare scarpe vecchie o rovinate in calzature come nuove, prolungandone la vita di anni. Scegliere di riparare le scarpe non è solo una soluzione economica, ma anche un modo per ridurre l’impatto ambientale dell’industria calzaturiera, una delle più inquinanti al mondo.
Il sarto: quando i vestiti e capi di stoffa meritano una seconda opportunità
Un bottone mancante, una zip rotta o un orlo scucito non dovrebbero mai essere una scusa per buttare via un capo di abbigliamento. Come nemmeno un manico di stoffa strappato per una borsa. I sarti, con la loro maestria, possono riparare o addirittura trasformare un vestito, adattandolo alle nostre esigenze o sostituire parti di borse. Oggi, molti sarti si sono reinventati, diventando veri e propri creativi del riuso, capaci di dare nuova vita ai vestiti con modifiche personalizzate.
I laboratori per elettrodomestici e dispositivi tech
Con l’avvento dell’obsolescenza programmata, molti elettrodomestici e dispositivi tecnologici sembrano destinati a rompersi poco dopo la fine della garanzia. Tuttavia, esistono tecnici e laboratori specializzati che possono riparare lavatrici, frigoriferi, smartphone e computer, spesso a costi inferiori rispetto all’acquisto di un nuovo modello. Se questo è vero per una buona parte dei casi, il problema si pone per quei piccoli dispositivi elettronici low cost per i quali è anche difficile trovare un pezzo di ricambio. Qui a dare sostegno sono realtà come i Repair Café ove i volontari - veri eroi quotidiani che lottano contro la cultura dell’usa e getta - cercano di capire se possono intervenire e in qualche modo far ripartire i dispositivi.
La riparazione diventa trendy sui social
Forse non tutti lo sanno, ma a dare una mano per rivalorizzare le diverse professioni artigianali legate alla riparazione, ha contribuito anche il web 2.0. Negli ultimi anni, la riparazione è diventata un fenomeno trendy, anche grazie ai social media. Piattaforme come Instagram e TikTok sono piene di video che mostrano artigiani all’opera: calzolai che risolvono problemi complessi, sarti che trasformano abiti vecchi in capi alla moda, tecnici che smontano e aggiustano smartphone. Questi contenuti attirano milioni di visualizzazioni, dimostrando che la riparazione è non solo utile, ma anche affascinante. Chissà che un domani non sia più facile trovare qualche giovane calzolaio, sarto o falegname dietro l’angolo di casa.
Articolo a cura di Letizia Palmisano.