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Le biomasse nella transizione energetica

Published by Staff IGW on Luglio 19, 2021

Scioglimenti dei ghiacciai, innalzamento del livello del mare e aumento di fenomeni estremi, come uragani e inondazioni: sono solo alcuni esempi dei cambiamenti climatici causati dal surriscaldamento globale, stravolgimenti del clima che rischiano di provocare danni permanenti e inimmaginabili.

La comunità scientifica, di comune accordo, afferma che la principale causa di questa situazione è da attribuire alle emissioni di gas a effetto serra nell’atmosfera. Il primo fra questi gas è l’anidride carbonica, che proviene per il 90% dal settore energetico. Come fare allora a limitare il più possibile il cambiamento climatico e a mantenere il livello di surriscaldamento globale al di sotto di determinate soglie?

Lo strumento principale per raggiungere questi obiettivi è sicuramente la transizione energetica, ovvero il passaggio dall’utilizzo di fonti energetiche non rinnovabili all’utilizzo di fonti rinnovabili, grazie ad impianti che riducono al minimo o addirittura azzerano le emissioni di CO2.

L’Italia, purtroppo, detiene un pessimo primato: tra le maggiori economie europee, è il Paese con il più elevato grado (circa il 78%) di dipendenza energetica dall’estero. Alla luce di questo dato, la transizione energetica costituisce un’importante opportunità per la valorizzazione delle risorse rinnovabili nazionali e per rendersi energicamente più indipendenti dagli altri Stati, in maniera sostenibile.

Una fonte di energia con grandi potenzialità ai fini della transizione energetica è la biomassa, che si identifica in tutta la materia organica generata da piante e da animali; materia che purtroppo è ancora poco valorizzata e sfruttata in Italia.

Dalle stime RSE (Ricerca sul Sistema Energetico) emerge che oggi l’Italia produce circa 4 TWh di elettricità e 86 TWh di energia termica l’anno derivante da biomasse legnose – che non comprendono solo legno vergine, ma anche rifiuti forestali, residui agricoli, scarti dell’industria del legno e frazione umida industriale e urbana. Si tratta di un contributo contenuto, ma che potrebbe essere potenzialmente molto utile per raggiungere gli obiettivi UE 2030 e, soprattutto, ai fini della transizione energetica.

Che ruolo hanno dunque le biomasse in questo scenario? Secondo gli esperti, raggiungendo i livelli medi europei di utilizzo delle biomasse legnose e sfruttando gli impianti cogenerativi, potremmo aumentare la produzione annuale di 7,5 TWh elettrici e 30 TWh termici. Un apporto costante e flessibile, che sarebbe in grado anche di creare opportunità di occupazione e aumenti di reddito.

Ovviamente, una tale crescita della produzione elettrica e termica grazie all’utilizzo delle biomasse creerebbe delle conseguenze anche in termini di:

  • Emissioni
  • Tutela del patrimonio boschivo

Per quanto riguarda il dato emissivo, la questione non riguarda tanto la CO2 emessa, che è di appena qualche decina di grammi per kWh, simile alle altre fonti rinnovabili, ma quanto gli inquinanti locali. Per le centrali a biomassa di grande dimensione, infatti, è obbligatorio adottare delle misure per il filtraggio delle polveri sottili.

Per quanto riguarda invece la tutela del patrimonio boschivo, a proteggere il verde nazionale sono principalmente gli operatori della stessa filiera bosco-legno-energia, che si occupano della gestione, manutenzione e tutela delle foreste. Le biomasse residuali di origine forestale e i rifiuti derivanti dalla lavorazione del legno costituiscono la materia prima utilizzata per la produzione di energia elettrica, chiudendo così il cerchio di produzione, in modo sostenibile.

A garantire la sostenibilità dell’operazione si aggiunge anche la ‘Strategia Forestale Nazionale’, un documento nato a seguito della Consultazione avviata del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali (MIPAAF). Il piano delinea una visione di sviluppo incentrata sulla gestione forestale sostenibile, quale caratteristica imprescindibile per affrontare le sfide future del Paese e garantire la tutela del patrimonio forestale nazionale, nonché la crescita e lo sviluppo economico delle aree interne e montane e del settore forestale. Il Piano riconosce l’opportunità offerta dalle foreste e dalle materie prime che da esse derivano sul fronte occupazionale e sulla diversificazione delle entrate in un’economia a basse emissioni di CO2.

Sfruttare meglio la bioenergia consente di dare un nuovo valore ai rifiuti organici della filiera agricola e agroindustriale, utilizzandoli per produrre energia rinnovabile. Le biomasse devono poter trovare il gusto spazio nella strategia di transizione energetica nazionale, in quanto consentono lo sviluppo delle filiere locali, con benefici economici, sociali e soprattutto ambientali.

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