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Parità di genere sul lavoro, in Italia nel 2024 resta un obiettivo difficile
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Novembre 15, 2024Con la sua estesa fascia costiera ed una cultura gastronomica profondamente radicata, l’Italia vanta un'antica tradizione gastronomica in materia di prodotti ittici. Tuttavia, l'amore per il pesce è diventato un'arma a doppio taglio, mettendo a dura prova le riserve ittiche e sollevando questioni etiche e ambientali urgenti. Tutto, infatti, deve avere un limite per evitare il depauperamento delle risorse del mare Nostrum e, in generale, dei mari del Pianeta.
Immaginate di spendere tutto il vostro budget annuale nei primi sei mesi dell'anno e di dover vivere in debito per il resto del tempo: qualcuno di voi - forse i più - considererebbe folle questa gestione sconsiderata.
Tuttavia, questa è essenzialmente la situazione nella quale ci troviamo quando parliamo di consumi di risorse in generale. L’Earth Overshoot Day ci ricorda, infatti, che gli umani vivono come se avessero a disposizione il capitale naturale di 1,75 Terre e noi italiani facciamo anche peggio, sfruttando risorse come se di Pianeti ne avessimo quasi 3.
Tutto ciò non fa eccezione per gli stock ittici.
Il Fish Dependence Day europeo
Il giorno dell’anno nel quale l’Europa esaurisce virtualmente l’equivalente della produzione annua interna di pesce, molluschi e crostacei è identificato con l’espressione "Fish Dependence Day".
Il WWF, con la sua campagna Our Future, ricorda come tale data cada ad inizio di luglio e che indichi, in buona sostanza, che se gli europei mangiassero solo prodotti pescati nel loro continente, smetterebbero di cibarsene a metà anno.
Il record negativo del Mediterraneo
Con ben il 58% degli stock ittici sovrapescati, infatti, il Mediterraneo è il secondo mare più sovrasfruttato al mondo (contro il 37,7% degli stock ittici sovrasfruttati a livello globale), con una una domanda sempre più in aumento (soprattutto nel periodo estivo) che, di conseguenza, alimenta una pesca eccessiva. Le specie più colpite includono naselli, sardine, gamberi (viola e rosa) e triglie di fango. Questa situazione è ulteriormente aggravata - spiega il WWF - dalla pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata (INN) che mette a rischio gli ecosistemi marini e le economie locali.
Gli italiani e il pesce
Gli italiani, noti per il loro amore verso i sapori del mare, consumano annualmente oltre 31 Kg di pesce pro-capite, superando di gran lunga la media europea (24 Kg). Questa passione fa parte non solo dell'identità culinaria nazionale, ma trova anche solide radici nelle raccomandazioni dietetiche che promuovono il pesce per i suoi numerosi benefici sulla salute umana grazie alla presenza di omega-3 e proteine di alta qualità.
Anche per questo la sfida che ora si presenta è doppia: come possono gli italiani continuare a godere dei benefici offerti da una dieta ricca di pesce senza compromettere le risorse marine future? La soluzione a questa domanda implica un profondo ripensamento delle abitudini di consumo e delle politiche di gestione delle risorse ittiche, con un occhio di riguardo alle pratiche più sostenibili e rispettose dell'ambiente. Questa riflessione non solo è cruciale per la conservazione delle specie marine, ma è anche fondamentale per mantenere il patrimonio culturale e culinario che definisce tanto profondamente l'Italia.
Il cambiamento climatico acuisce i problemi
Non finisce qui: l’impatto negativo dell’azione umana si fa sentire nei mari anche in via indiretta. Il delicato equilibrio dell'ecosistema marino del Mediterraneo è messo a dura prova non solo dal sovrasfruttamento delle risorse ittiche, ma anche da una serie di problematiche ambientali aggravate dal cambiamento climatico. Questo fenomeno globale sta accelerando l'introduzione e la diffusione di specie aliene invasive che modificano significativamente la biodiversità e la struttura delle comunità marine. Tra queste si segnala il granchio blu che rappresenta uno degli invasori più noti e che, assieme a quasi 1.000 altre specie nuove, sta trasformando l'ambiente marino mediterraneo.
Con acque sempre più calde ed habitat modificati, le specie invasive prosperano a scapito di quelle autoctone il cui numero, in alcune aree, è stato ridotto del 40% a causa della competizione diretta o della predazione. Questi cambiamenti sono particolarmente evidenti in zone dove il riscaldamento degli oceani ha portato alla tropicalizzazione del mare, spingendo le specie locali a migrare verso acque più fresche e alterando di conseguenza l'equilibrio ecologico esistente.
Il riscaldamento globale ha poi altri effetti devastanti, come l'aumento dei bloom di meduse, fenomeno stimolato dall'eutrofizzazione delle acque e dalla diminuzione degli stock ittici che normalmente controllano le popolazioni di tali specie viventi gelatinose. Un'altra conseguenza preoccupante è la riduzione delle praterie di posidonia (essenziali per il sequestro della CO2) che compromette la capacità del mare di fungere da "polmone blu" per il pianeta.
Questi impatti, dettagliatamente analizzati nel recente report del WWF "Il Respiro degli oceani", evidenziano l'urgente necessità di adottare misure di mitigazione e adattamento al cambiamento climatico, oltre a definire strategie mirate per gestire l'introduzione e la diffusione di specie invasive. Proteggere il Mediterraneo da queste minacce è vitale non solo per la biodiversità marina, ma anche per le comunità costiere il cui sostentamento dipende dalla salute degli oceani.
La maggioranza degli italiani è conscia che così non si può proseguire
La salute del Mediterraneo non preoccupa solo ambientalisti, esperti e addetti ai lavori. Una recente indagine condotta da SWG per la Fondazione Marevivo rivela, infatti, un crescente allarme tra gli italiani riguardo allo stato di salute del mare, soprattutto del Mediterraneo. Il 60% degli intervistati considera il Mediterraneo come un ecosistema fortemente a rischio, evidenziando la necessità di un intervento urgente e più incisivo da parte delle politiche pubbliche e del settore privato.
Circa il 52% degli italiani riconosce il Mediterraneo come uno dei mari più inquinati da plastica, con una situazione che potrebbe aggravarsi nei prossimi anni se non si modificano le attuali pratiche di produzione e smaltimento dei rifiuti.
La preoccupazione per l'eccessivo sfruttamento delle risorse ittiche è altrettanto significativa e, infatti, l'85% degli intervistati esprime apprensione per la pesca eccessiva e la conseguente riduzione delle risorse ittiche.
Il sentimento prevalente, quindi, è che il mare non sia solo una fonte di divertimento o di ricordi d'infanzia, ma un elemento essenziale della vita sulla Terra che richiede una protezione attiva.
Il consumo responsabile del pesce e tutela degli ecosistemi
La chiave per un futuro marino sostenibile - secondo le indicazioni della nota associazione ambientalista - risiede nella combinazione di protezione degli habitat, gestione saggia delle risorse ittiche e scelte di consumo consapevoli.
Intensificare la protezione in aree vitali del Mediterraneo può infatti consentire la rigenerazione degli habitat marini e la ricostituzione degli stock ittici, elementi cruciali per mitigare gli impatti del cambiamento climatico. Parallelamente è fondamentale ridurre il consumo delle specie più sovrasfruttate e diversificare le nostre scelte alimentari marine, orientando la domanda verso opzioni più sostenibili.
Come? Si può, ad esempio, verificare l'etichetta del pesce o chiedere al venditore informazioni sulla provenienza e sul metodo di cattura . Optare per pesce adulto, locale, di stagione e, quando possibile, per specie meno comuni, contribuisce a ridurre la pressione sulle risorse marine e supporta la biodiversità. Inoltre l'acquisto di prodotti da stock in buone condizioni e pescati in modo sostenibile non aiuta solamente a preservare gli ecosistemi, ma spinge anche il mercato verso un'offerta più responsabile.
Articolo a cura di Letizia Palmisano.