
Problemi della biologia: principali parametri per il monitoraggio del processo di fermentazione – parte 1
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Dicembre 4, 2020In questa seconda parte descriveremo il resto dei processi di digestione anaerobica di substrati agro-zootecnici.
Se non avete letto la prima parte di questo articolo potete trovarla a questo link:
https://www.igwsrl.com/blog/problemi-della-biologia-principali-parametri-monitoraggio-processo-di-fermentazione/
Rapporto tra acidi/alcalinità
Viene definito come il rapporto tra la concentrazione degli acidi grassi volatili e la capacità tampone del digestore anaerobico. Poiché molte anomalie biologiche di un impianto biogas sono diretta conseguenza dell’effetto dell’aumento della concentrazione degli acidi grassi volatili, è stato visto che se si superano le capacità tamponanti endogene, il rapporto tra alcalinità e acidi grassi volatili fornisce un’indicazione numerica di quanto l’effetto tampone sia ancora in grado di controllare l’effetto di accumulo di questi acidi. Numericamente parlando, per un processo biologico stabile, il valore di alcalinità deve essere circa 4 volte maggiore del valore degli acidi grassi volatili: in questo modo il rapporto acidi/alcalinità è di 0.25, accettabile fino a 0.35 e può salire anche fino a 1 ed oltre, ovvero quella condizione in cui il potere tampone del sistema è uguale al valore degli acidi o addirittura la concentrazione degli acidi supera quella del potere tampone. Per mantenere il rapporto acidi/alcalinità all’interno del range ottimale, si decide con il biologo dell’impianto le variazioni di alimentazione, sia quantitative sia gestionali, o di ricircolo proveniente da un’altra vasca.
I metodi per stabilire tale rapporto si basano su una titolazione acido/base di una nota quantità di liquido fermentativo filtrato per escludere la fibra dal suo interno, che prevede la determinazione sia dell’alcalinità del sistema, misurata come mg/l di CaCO3, sia degli acidi grassi volatili, misurati come mg/l di CH3COOH equivalenti, con l’utilizzo di acido solforico a bassa concentrazione. Nella definizione di tutti giorni, tale rapporto è indicato con la sigla FOS/TAC, dall’omonima dicitura tedesca dello strumento che viene impiegato sugli impianti.
Formazione di ammoniaca
Durante la degradazione delle proteine si assiste alla formazione di azoto ammoniacale, la cui formula è NH4+. Tale sostanza vive in equilibrio chimico con la sua conversione in ammoniaca NH3 ed un protone H+ secondo la reazione: NH4+↔NH3 + H+; lo spostamento dell’equilibrio di reazione verso la formazione di ammoniaca è prevalentemente dovuto a tre fattori: il primo, la concentrazione di azoto ammoniacale presente nel digestore, il secondo, il valore di pH, terzo, la temperatura: è il biologo che, dopo aver calcolato se tale equilibrio è più a favore dell’azoto ammoniacale o dell’ammoniaca, a consigliare gli interventi atti a evitare una crisi biologica o ad uscire da essa. In bibliografia viene riportato il valore limite di 3.000 mg/kg di azoto ammoniacale come limite superiore da evitare, ma bisogna sempre rapportarlo ai valori precedentemente citati ed anche alla concentrazione degli acidi grassi volatili: se tale valore è all’interno del range ottimale per il processo biologico, con un valore di azoto ammoniacale maggiore di 3.000 mg/kg, il processo è da considerare stabile e il rapporto NH4+/NH3 è a favore dell’azoto ammoniacale, che di per sé non è un inibente.
La concentrazione di ammoniaca è un parametro da verificare con molta attenzione in quegli impianti biogas in cui si ricircola il digestato come liquido di governo e hanno una razione ricca di proteine.
Rapporto carbonio/azoto
Le proteine, idrolizzate nei loro composti più semplici ovvero polipetdici ed amminoacidi, forniscono azoto, che in piccole quantità è utilizzato dal consorzio microbico del digestore per la sua crescita ed in parte è liberato sottoforma di azoto ammoniacale durante la digestione anaerobica.
I batteri utilizzano il carbonio 25-30 volte più velocemente rispetto all’azoto, e da qui si ricava il rapporto C/N di 25-30/1: un contenuto insufficiente di azoto rispetto al carbonio (C>30) rallenta il tasso di crescita microbica e tutte le reazioni di produzione di biogas; un contenuto di azoto molto alto di azoto (C/N 1/1) porta ad un incremento della produzione di azoto ammoniacale, che, in condizioni di temperature elevate e valori di pH elevati, porta il digestore ad un’inibizione da stress ammoniacale.
Temperatura di processo
Le temperature che attualmente si registrano nelle vasche degli impianti biogas indicano due tipologie di regime: il regime mesofilo, con temperature comprese tra i 38°C ed i 45°C, ed il regime termofilo, con temperature comprese tra i 45°C ed i 50°C. al di sotto dei 25°C si parla di regime psicrofilo o “freddo”, mentre al disopra dei 55°C di parla di ipertermofilia. Il regime mesofilo, è, per definizione, il regime più stabile a cui far avvenire le reazioni di digestione anaerobica, in quanto la microflora batterica sembra essere meno sensibile alle variazioni ambientali, da un lato, ma dall’altro, potrebbe risultare più lenta nella produzione di biogas e nello sfruttamento della sostanza organica dei prodotti in alimentazione. Dall’altra parte invece, far avvenire le reazioni di digestione anerobica a temperature più elevate significa avere cinetiche più veloci, maggiori produzioni di biogas (a parità di stabilità del processo), tempi di ritenzione idraulica minori a parità di sostanza organica degradata, e quindi volumi più piccoli dei fermentatori, ma non sempre questo tipo di regime può essere applicato: la discriminante sono le matrici impiegate in alimentazione, sarà il biologo dell’impianto la persona incaricata di gestire l’alimentazione a disposizione con la temperatura dell’impianto, consigliando a volte anche la diminuzione o l’aumento della temperatura o di tutto l’impianto di alcune vasche specifiche.