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Dicembre 7, 2021Crisi energetica e transizione ecologica: cosa ci è stato insegnato
Gennaio 28, 2022Basta fare una rapida ricerca su google trends per vedere come, a partire dal 2021, sia ormai diventata di uso comune l’espressione “transizione ecologica”. Ad essa è spesso affiancata anche la locuzione “transizione energetica” tant’è che il dicastero dell’ambiente è passato ad essere il MiTE assorbendo al suo interno anche le deleghe relative all’energia.
Se, quindi, questi termini sono spesso ricorrenti in articoli e servizi televisivi, non sempre, però, tutti ne conoscono il significato. Proviamo insieme a capire qualcosa di più.
Cos'è la transizione ecologica
Per transizione ecologica si intende la trasformazione di un sistema produttivo non sostenibile in un modello che riesce ad avere come punti di forza la sostenibilità ambientale, economica e sociale rispondendo così agli obiettivi che l’Italia, l’Europa e tutti i Paesi che hanno sottoscritto l’accordo di Parigi si sono posti per adottare azioni efficaci per affrontare l’attuale emergenza climatica.
Come riportato anche dalle pagine del sito ufficiale del Governo dedicate al PNRR, la transizione ecologica è ritenuta una imprescindibile direttrice dello sviluppo futuro ed è uno dei pilastri del progetto Next Generation EU. Per capire come il cambiamento debba permeare tutti i settori produttivi è interessante vedere i grandi temi inclusi nell’area di intervento della seconda Missione - individuata quale Rivoluzione Verde e Transizione Ecologica.
Essa riguarda infatti:
- agricoltura sostenibile
- economia circolare
- transizione energetica
- mobilità sostenibile
- efficienza energetica degli edifici
- tutela del territorio e risorse idriche
- inquinamento
Per poter quindi trasformare il sistema economico, puntando ad una transizione equa ed inclusiva e cercando di perseguire la Carbon Neutrality al 2050, il PNRR prevede una serie di investimenti con dei precisi target da raggiungere quali, ad esempio, l’incremento della raccolta differenziata ed il miglioramento delle classi energetiche del patrimonio edilizio preesistente (pensiamo al noto superbonus).
Perché transizione ecologica ed energetica non sono più rinviabili
La lotta ai cambiamenti climatici e la mitigazione degli effetti saranno le grandi sfide planetarie del secolo. Ad oggi l’area euro-mediterranea è tra le più esposte ai danni derivanti dalla febbre del Pianeta: fenomeni meteorologici estremi, siccità, desertificazione sono solo alcuni degli esempi sotto gli occhi di tutti.
Tra le attività antropiche che rilasciano maggiori quantità di gas ad effetto serra vi sono proprio quelle derivanti dall’uso dei combustibili fossili.
Per ciò che riguarda l’Europa, si stima, a titolo esemplificativo, che i processi energetici abbiano causato il 78% delle emissioni totali della UE nel 2015. Le tipologie di fonti energetiche ed i consumi hanno quindi un enorme impatto sul clima. Per questo non è possibile parlare davvero di lotta ai cambiamenti climatici né di transizione ecologica senza puntare alla rivoluzione energetica.
Transizione energetica: fondamentale per il futuro del Paese e del Pianeta
Non è possibile immaginare una transizione ecologica, né tanto meno la neutralità climatica, senza seri piani di decarbonizzazione. Cosa si intende, però, per transizione energetica? Tale locuzione delinea il passaggio da un sistema di produzione di energie basato soprattutto sulle fonti fossili - quali il carbone, che ad oggi è la più grande fonte di emissioni globali di carbonio e che ha toccato un +9% nel 2021, il petrolio e il gas naturale - alle fonti rinnovabili la cui produzione deve essere accompagnata da idonee infrastrutture quali la rete ed i sistemi di stoccaggio (energy storage) e l’incremento dell’efficienza nei consumi sia nei settori privati che industriali perché la trasformazione non deve riguardare solamente l’approvvigionamento, ma, per essere vera rivoluzione, deve toccare anche il modo in cui viene impiegata.
Ecco perché all’interno della Missione 2, una delle componenti fondamentali è quella relativa ad “Energia rinnovabile, idrogeno, rete e transizione energetica e mobilità sostenibile” che prevede ingenti stanziamenti finalizzati alla crescita delle rinnovabili, al potenziamento delle infrastrutture di rete e all’utilizzo dell’idrogeno che può essere generato anche da rinnovabili e, in tal caso, viene specificamente definito come “verde” per distinguerlo da quello generato da altre fonti.
Come si possono incrementare le rinnovabili secondo il piano della transizione energetica
Le rinnovabili sono fonti di energia alternative alle tradizionali fossili, non sono soggette ad esaurimento e ne esistono di differenti tipi. Guardando anche alle voci di investimento del PNRR, si può evidenziare come nei prossimi anni per lavorare ad una efficace decarbonizzazione si potrà puntare sull’energia solare, sull’eolico (inclusi gli impianti off-shore), ma anche sugli impianti di biometano e sulla promozione dell’agri-voltaico.
Cambiano anche le modalità di organizzazioni che possono produrre energia: pensiamo agli incentivi per le comunità energetiche ed i meccanismi che premiano i prosumer ovverosia l’auto consumo (produttori-consumatori), come anche l’importanza dello sviluppo delle smart grid, il tutto ovviamente con un potenziamento della rete. Oltre alle fonti, l’altro aspetto fondamentale riguarda l’utilizzo dell’energia: la miglior forma di energia pulita è infatti quella che viene risparmiata.
Risparmio energetico e riqualificazione degli edifici sono target che, già da anni, sono perseguiti da parte della UE e dell’Italia anche se nei prossimi anni si punta a fare un ulteriore salto incrementando i livelli di efficienza energetica. Pensiamo alle misure messe in campo per incentivare la riqualificazione del patrimonio esistente come, ad esempio, l’Ecobonus, il Sisma Bonus e il Superbonus.
Per raggiungere l’ambizioso obiettivo della neutralità delle emissioni di carbonio entro il 2050 previsto dal Green Deal europeo, la riduzione dei consumi energetici degli edifici ha infatti un ruolo primario. Perché? Basti pensare che, secondo le stime, nella UE il parco immobiliare è responsabile del 40% del consumo energetico dell’Unione e del 36% delle emissioni climalteranti (tenendo conto del ciclo di vita costruzione, utilizzo, ristrutturazione e demolizione). Dai report emerge che il 75% degli edifici è inefficiente sotto il profilo energetico: in poche parole vi sono degli sprechi che potrebbero e dovrebbero essere ridotti, in tal modo diminuendo anche le correlate emissioni climalteranti.
Articolo a cura di Letizia Palmisano.